Una mattinata con Adil
Riflessioni sul film My name is Adil e sull’incontro con il regista di Federico Gozzi della VAFM dell’ Istituto Roncalli di Poggibonsi, uno dei circa 370 studenti che giovedì 15 febbraio hanno partecipato alla visione del film e al dibattito, coordinato da Mario Lorini, con il protagonista e regista Adil Azzab.
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Una mattinata con Adil
Riflessioni sul film My name is Adil e sull’incontro con il regista
Ho avuto la possibilità di conoscere il lungometraggio “My name is Adil” grazie all’evento organizzato dall’ Istituto Superiore Roncalli di Poggibonsi e da Fondazione Elsa giovedì 15 febbraio presso il Cinema Teatro Politeama di Poggibonsi e a cui hanno partecipato numerosi studenti ed insegnanti. È stata una bellissima esperienza poiché ci ha permesso, oltre alla visione del film, anche di conoscere il regista Adil Azzab, il quale ci ha raccontato direttamente la sua storia, integrandola con la narrazione della pellicola. È stato un momento toccante, arricchente e proficuo per via delle numerose domande poste da alcuni studenti ed insegnanti al regista, che è stato disponibile ed esaustivo nelle sue risposte, mantenendo alta l’attenzione della platea e stimolando una attiva riflessione sul tema trattato.
“My name is Adil” è un film del 2016 scritto e diretto da Adil Azzab, Andrea Pellizzer e Magda Rezene. La pellicola è di genere biografico e tratta della storia di Adil, della sua infanzia vissuta in Marocco e la sua gioventù trascorsa in Italia in seguito al suo trasferimento.
Il film, nonostante i limiti di budget, risulta ben fatto. Si mantiene molto dal punto di vista tecnico su un’impostazione molto classica, con inquadrature di ampi spazi aperti, sopratutto nella parte girata in Marocco, le quali rimandano alla mente immagini riprese in film cult e in altre opere cinematografiche. La recitazione è stata svolta da attori non professionisti, (di cui alcuni direttamente osservatori e protagonisti della storia narrata) decisione che ha determinato una più “genuina” e veritiera narrazione dei fatti, la quale ha reso la stessa pellicola più coinvolgente sopratutto dal punto di vista emotivo. La colonna sonora risulta azzeccata, con musiche dai toni cupi alternate da canzoni in lingua araba, che evidenziano la condizione interiore del protagonista, in una perenne lotta per la realizzazione della sua ambizione di avere una vita migliore e alla ricerca del proprio “Io”.
E’ proprio questo uno dei temi fondanti del film: il protagonista fugge dal Marocco perché aspira a una condizione dignitosa e libera dalle catene che le condizioni familiari e nazionali sembrano tenerlo legato, ma all’arrivo in Italia capisce che, nonostante tutto, non si sente a suo agio in terra straniera e ha una sensazione crescente di solitudine. Allo sradicamento dell’individuo alla propria terra, atto che determina conseguenze disastrose nel campo economico-culturale, si somma il sentimento di alienazione ed estraniamento che si prova una volta giunti in Europa e in Occidente. Nella pellicola, in una scena particolare, il nonno del protagonista afferma che se il proprio padre e i più intraprendenti membri della comunità del villaggio, appartenenti alla sua generazione, non fossero emigrati molti anni prima, quella piccola comunità sarebbe progredita. Invece, con lo svuotamento delle forze più giovani e capaci, il villaggio è rimasto agli stessi livelli in cui si trovava 50 anni prima, avendo come conseguenza il mantenimento di realtà come lo sfruttamento e la violenza.
Nonostante questo,il film si dimostra senza retorica e rigetta ogni tentativo di etichetta politica, diversamente da molti altri lungometraggi trattanti lo stesso tema, in modo da risultare imparziale. È una pellicola che osa molto, presentando un tema di immensa complessità e smontando ogni pretesto che si può avere per utilizzarlo a sfondo politico. A questo proposito va aggiunto che non viene nominato l’Islam, ma viene utilizzato un più generico “Dio”.
La pellicola però si concentra sopratutto sulla vicenda personale di Adil, inizialmente sognatore e speranzoso di raggiungere il padre e mettere fine all’oppressione dello zio, violento e sfruttatore, ma poi vi è la sua disillusione. La sua storia ci viene raccontata anche tramite metafore bellissime: la scoperta dell’elettricità, mostratoci non solo come progresso dell’umanità ma anche come progresso personale, poiché il protagonista, nel preciso momento in cui scopre la lampadina e quindi la potenza dell’elettricità, prende concretamente forma il suo desiderio di raggiungere l’Italia, facendo evolvere a livello intellettuale(da notare che quando ancora non aveva ancora idee chiare sul suo futuro ci viene mostrato nell’atto di spegnere un cero). Anche il taglio di capelli, che non rappresenta il suo adeguamento all’Occidente ma semmai la volontà di buttarsi il passato alle spalle. O ancora, il tuffo nel mare, e quindi il superamento delle sue paure e delle sue angosce in merito alla sua crisi d’identità. E’ un film che non si ferma alle apparenze, ai luoghi comuni e che vuole mostrare in modo oggettivo una realtà troppo spesso ridotta e minimizzata in modo alquanto semplicistico nel dibattito nazionale e internazionale. Si legge tra le righe il suo disappunto sul mondo moderno, complice di rendere le nostre esistenze solitarie, al contrario di realtà con aspetti più comunitari, come quella del villaggio, senza però elogiare quella esistenza fatta di destini già scritti e gerarchie d’acciaio.
Il film scorre bene fino al finale che lascia con l’amaro in bocca: dà quasi la sensazione di aver tagliato a metà il film, rendendolo privo di una conclusione che potesse veramente entusiasmare. Questo dettaglio non incide troppo in modo negativo sulla qualità del film, ma risulta un po’ destabilizzante, facendo ricordare allo spettatore di non essere immerso dentro le vicende, ma di essere solo un mero osservatore della storia narrata.
Quindi “My name is Adil” nel complesso risulta molto ben fatto, sia dal lato tecnico sia dal lato della sceneggiatura, nonostante alcuni limitatissimi difetti dovuti più a limiti di budget che a difficoltà strutturali della scrittura del film.
Personalmente ritengo che questo film abbia colto nel segno, poiché tratta un tema molto complesso ed attuale senza scadere nella banalità e riesce a coinvolgere lo spettatore, il quale si sente partecipe delle vicende narrate anche perché la pellicola non impone giudizi ad esso ma lo lascia libero di decidere cosa sia più giusto.
Federico Gozzi – VAFM – I.I.S. Roncalli Poggibonsi (Si)
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SCHEDA DEL FILM
Un film che parla al cuore di ragazzi e adulti di diritto allo studio, negato e poi riconquistato, di integrazione e riscoperta della propria identità.
Regia: Adil Azzab, Andrea Pellizzer, Magda Rezene
Soggetto: Adil Azzab, Andrea Pellizzer, Magda Rezene, Gabrio Rognoni, Roberta Villa
Sceneggiatura: Adil Azzab, Andrea Pellizzer, Magda Rezene
Montaggio: Magda Rezene
Musiche originali: Rolando Marchesini
Voci e testi: Alessandra Ravizza
Suono in presa diretta: Rolando Marchesini
Aiuto regia in Marocco: Mohamed Atiq
Color Correction: Gabriele Cipolla
Durata: 74′
Nazionalità: Italiana
Location: Italia – Marocco
Film in lingua originale (arabo) sottotitolato in italiano
“Adil odia le pecore. Perché per badare al gregge non può né giocare né studiare. E se un agnello si perde sono botte.
Dove vive lui non c’è né asfalto né televisione.
Vede un lampione accendersi per la prima volta a 12 anni.
Quando dal Marocco arriva a Milano, a soli 13 anni, decide di diventare elettricista. E ci riesce.
Poi si mette in testa di diventare regista per raccontare la sua storia con un film. E ci riesce.”
Girato tra la campagna marocchina e Milano, il film racconta la storia vera di Adil, un bambino che vive nella campagna del Marocco con la madre, i fratelli e il nonno capo-famiglia. È un mondo povero, dove fin da piccoli si lavora per ore nei pascoli, gli adulti possono essere rudi e studiare è un privilegio per pochi.
Adil sa che restare in Marocco significa avere un destino segnato, quello dei giovani pastori invecchiati precocemente che vede intorno a sé. Stanco delle angherie dello zio e del ristretto orizzonte che si vede davanti, il ragazzino a 13 anni decide di raggiungere il padre, El Mati, emigrato da anni in Italia per lavorare e mantenere la famiglia. Andarsene, però, è anche una frattura, una separazione dolorosa dalla propria storia, dai propri affetti e dalla comunità.
Il film accompagna lo spettatore nel percorso del protagonista adolescente alla scoperta di un nuovo mondo: l’Italia non è il paese delle città favolose e della ricchezza facile sognata nell’infanzia, ma offre ad Adil la possibilità di studiare, vivere nuove esperienze e costruire nuovi legami.
Il cerchio si chiude quando Adil, ormai adulto, dopo dieci anni di assenza dal Marocco, ritorna nel suo paese, alla riscoperta delle proprie radici: il viaggio lo aiuta a intrecciare i fili della sua storia e della sua identità, perché “solo se conosci da dove vieni, puoi sapere chi sei”.
I registi di My Name is Adil, hanno scelto di utilizzare la lingua originale (sottotitolata in italiano), per preservare l’intensità espressiva della voce autentica del protagonista, Adil Azzab.